Indice dei contenuti
Microplastiche: perché fanno male al Pianeta
Le microplastiche sono quelle piccole particelle di plastica che inquinano principalmente i nostri mari e oceani.Il Mediterraneo, con la sua elevata biodiversità, è uno degli ecosistemi più minacciati al mondo da queste particelle: sui fondali marini sono stati rilevati livelli di microplastiche mai registrati prima, ovvero, fino a 1,9 milioni di frammenti su una superficie di un solo metro quadrato.
Questa forma di inquinamento non riguarda solamente il mare ma anche le acque, il suolo, gli animali e l’uomo. Capire la pericolosità delle microplastiche è così una priorità per proteggere al meglio il Pianeta e prenderci cura di esso.
Microplastiche negli animali
Nel Mediterraneo 134 specie si trovano ogni giorno a lottare contro i rifiuti di plastica. Gli effetti di un tale accumulo nell’apparato digerente sono quasi sempre mortali.
In forma micro o nano le plastiche non creano problemi di intrappolamento o soffocamento, ma se ingerite possono comportare l’assunzione di virus, batteri, agenti patogeni e contaminanti tossici da parte degli organismi.
Le microplastiche funzionano infatti come spugne: hanno il potenziale di trasferire sostanze chimiche da e verso l’ambiente marino.
Queste particelle possono essere ingerite soprattutto da:
- pesci, tartarughe e mammiferi marini;
- una vasta gamma di piante selvatiche, anche coltivate commercialmente;
- uccelli marini, che confondono alcuni pellet di microplastiche con uova di pesce;
- molluschi e crostacei come cozze, granchi ma anche zooplankton.
Una volta diffuse nell’ambiente entrano ufficialmente a far parte della catena alimentare: gli organismi minori si cibano di queste particelle e successivamente vengono ingeriti da esseri viventi più grandi e dai loro predatori.
È comunque difficile fare previsioni sui rischi da ingestione da parte della fauna marina a causa della varietà di composizione, forma e dimensione.
La tossicità infatti potrebbe essere causata dal polimero plastico stesso, dagli additivi che contiene o da altre sostanze chimiche che si sommano alle microplastiche quando sono nell’oceano.
Tuttavia possiamo identificare dei potenziali effetti fisici, come:
- effetti chimici dovuti al trasporto di prodotti chimici tossici;
- salute compromessa, come perdita di peso e malnutrizione in quanto le particelle possono rimanere intrappolate nello stomaco per diversi mesi;
- dispersione di agenti patogeni dannosi.
Microplastiche negli alimenti
Recenti studi hanno dimostrato che l’inquinamento da parte delle microplastiche ha raggiunto anche la nostra catena alimentare e le nostre tavole.
Gli esseri umani, come gli animali, sono esposti alle particelle e agli additivi chimici rilasciati dai detriti di plastica, diffusi nell’intera biosfera.
Alcune prove presentate dal DEFRA hanno dimostrato che le particelle più piccole, le nanoplastiche, possono persino permeare le membrane cellulari, presenti nei tessuti intestinali.
Non bisogna perciò escludere che le microplastiche potrebbero riversarsi nei tessuti e nei liquidi corporei avendo effetti tossici sulla salute umana. Infatti, come già accennato, le microplastiche sono una fonte duratura di sostanze chimiche, alcune utilizzate per la produzione e caratterizzate addirittura da additivi tossici per gli esseri umani.
L’esposizione dell’uomo alle microplastiche può avvenire attraverso due modi: la dieta e l’inalazione aerea.
Per quanto riguarda la dieta, una delle prime fonti alimentari di microplastiche sono gli organismi marini che le assorbono sia per ingestione sia attraverso la filtrazione passiva dell’acqua. Sono inoltre presenti nei molluschi e nei crostacei venduti per il consumo umano.
Tuttavia le microplastiche sono state rilevate anche in altri prodotti alimentari, come:
- zucchero, miele, sale e birra – alcuni sostengono l’ipotesi che derivino dal processo produttivo mentre altri che siano già presenti nelle materie prime, pervenute dal vento o dall’acqua piovana.
- acqua potabile e minerale – contenuta sia in bottiglie di plastica che di vetro.
- carne – pollame e suini vengono infatti nutriti anche con farine ricavate da piccoli pesci che possono essere contaminati.
L’esposizione aerea è invece sovrapponibile all’esposizione da particolato atmosferico (PM), in quanto parte di esso contiene microplastiche.
Soluzioni alle microplastiche
Per risolvere un problema complesso, occorrono soluzioni complesse che coinvolgano:
- la ricerca;
- la partecipazione dell’industria;
- la consapevolezza e coinvolgimento dei cittadini;
- una forte volontà politica a livello nazionale e sovranazionale.
È importante inoltre realizzare un’economia circolare per la plastica basata sulla riduzione dei consumi, sul riutilizzo e il riciclo, sulla ricerca di prodotti alternativi a minor impatto, sul miglioramento della gestione dei rifiuti e tanto altro.
Non a caso, a settembre 2018 gli eurodeputati hanno approvato una strategia contro le plastiche che mira ad aumentare i tassi di riciclaggio dei rifiuti di plastica nell’UE.
Inoltre, è stato richiesto alla Commissione europea di introdurre in tutta Europa il divieto di aggiungere microplastiche nei prodotti cosmetici e nei detergenti entro quest’anno e di impegnarsi a favore di misure che minimizzino il rilascio delle microplastiche da tessuti, pneumatici, pitture e mozziconi di sigaretta.
Lo stato di salute dei mari ci fa riflettere infatti sull’uso di alcuni prodotti che contribuiscono alla produzione di rifiuti che spesso tornano sulle nostre tavole. Per questo motivo è necessario uno sforzo a livello europeo e globale per ridurre o eliminare questa fonte inquinante.
Controllare o addirittura eliminare l’immissione di tali plastiche nell’ambiente significa salvaguardare non solo la fauna marina ma l’intero Pianeta.