Il Ministero dell’Ambiente definisce rifiuto “tutte le sostanze o gli oggetti che derivano da attività umane o da cicli naturali, di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi.”
Qualsiasi sostanza sia esplicitata ed elencata nell’allegato A alla parte quarta del d.lgs. n. 152/2006 (elenco delle categorie di rifiuti da Q1 a Q16) è ritenuto un rifiuto.
Questa categorizzazione fa esclusione di alcuni elementi:
- materie prime secondarie, oggetti creati da operazioni di riciclo che hanno un valore economico sul mercato;
- sottoprodotti, sostanze e materiali dei quali il produttore non intende disfarsi per farne un impiego certo senza creare danno all’ambiente;
- terre e rocce da scavo, rientrano nella definizione di sottoprodotto fin tanto che queste vengano nuovamente utilizzate in sostituzioni di materiali da cava nei processi industriali oppure per rinterri e riempimenti nello stesso luogo di scavo.
Come vengono classificati
Tutti i rifiuti elencato nel documento sopracitato vengono distinti e classificati come:
- rifiuti urbani;
- rifiuti speciali;
- rifiuti pericolosi.
La categoria degli urbani comprende i rifiuti provenienti sia dalle abitazioni che dalle strade, sono entrambi soggetti alla raccolta differenziata e successivamente al riciclo.
La categoria dei rifiuti speciali invece derivano da attività produttive di industrie e aziende, gestiti e smaltiti da ditte autorizzate allo smaltimento.
Entrambe queste categorie possono essere ritenute pericolose in base all’origine o alla provenienza di tali rifiuti.
Sono considerati rifiuti urbani pericolosi (RUP) tutti i rifiuti che contengono al loro interno un’alta percentuale di sostanze pericolose e che quindi devono essere gestiti diversamente dal flusso dei rifiuti urbani “normali”: quelli più conosciuti sono i medicinali scaduti e le pile scariche.
Mentre sono considerati rifiuti speciali pericolosi quei rifiuti generati dalle attività produttive che contengono un’elevata quantità di sostanze inquinanti al loro interno.
Principalmente questo genere di rifiuti derivano dalle:
- lavorazioni artigianali;
- attività edilizie;
- lavorazioni industriali;
- attività commerciali;
- attività di servizio;
- attività di rottamazione veicoli;
- produzione conciaria e tessile;
- impianti di trattamento dei rifiuti;
- attività sanitarie.
Questo tipo di categorie necessitano di un processo di riduzione della pericolosità del materiale prima di essere spostati in luoghi adibiti allo smaltimento dei rifiuti speciali.
Le normative che fanno riferimento a queste classi di rifiuti sono:
- D.M. 5 Febbraio 1998 per i rifiuti non pericolosi;
- D.M. 12 giugno 2002 n. 161 per i rifiuti pericolosi;
- D.M. 17 novembre 2005, n. 269 per i rifiuti pericolosi provenienti dalle attività navali.
Per il miglioramento della gestione dei rifiuti pericolosi si è attuata la loro classificazione con l’utilizzo di codici identificativi detti CER (Codice Europeo del Rifiuto) che vanno a sostituire il codice italiano.
Rifiuti pericolosi
Per effettuare una classificazione dei rifiuti a rischio è necessario valutare il prodotto e laddove fosse ritenuto pericoloso bisogna individuarne il pericolo così da trovare l’impianto di recupero più idoneo; classificare i rifiuti pericolosi è un obbligo di chi detiene il rifiuto.
I codici CER per identificare i rifiuti sono differenziati in base alle caratteristiche di ciascuno e sono classificati come pericolosi nelle seguenti distinzioni:
- H1 – Esplosivo;
- H2 – Comburente;
- H3A – Facilmente infiammabile;
- H3B – Infiammabile;
- H4 – Irritante;
- H5 – Nocivo;
- H6 – Tossico;
- H7 – Cancerogeno;
- H8 – Corrosivo;
- H9 – Infettivo;
- H10 – Tossico per la riproduzione;
- H11 – Mutageno;
- H12 – Liberazione di gas a tossicità acuta;
- H13 – Sensibilizzante;
- H14 – Ecotossico;
- H15 – Rifiuti suscettibili, inizialmente non presentano pericolosità ma la sviluppano successivamente.